MICHAEL JORDAN
“NON POSSO ACCETTARE DI NON TENTARE”
"Posso accettare di fallire.
Chiunque
fallisce in qualcosa.
Ma io non posso accettare di non tentare".
È
uno dei passi più significativi di un piccolo saggio,
pubblicato nel 1994, dal titolo I can’t accept not trying - Michael Jordan on the pursuit of the excellence. Lì è contenuto il credo di colui
che viene ormai unanimemente considerato non solo una leggenda del
basket americano, ma anche una delle stelle più luminose del firmamento
sportivo a livello mondiale.
Michael “Air” Jordan
nasce il 17 febbraio 1963 a New York, nel quartiere di Brooklin
in una famiglia di umili origini.
È un ragazzo molto
timido, ma con una grande passione per lo sport, dove
dimostra di possedere doti eccezionali, che lo portano a primeggiare non solo
nel basket, ma anche nel football americano (come quarterback)
e nel baseball (come lanciatore).
Nonostante ciò non
viene ammesso a far parte della squadra di basket di
quella che in America equivale alla scuola media.
Ma Michael non ha mai permesso
al fallimento di arrestare la propria marcia verso il successo, anzi in quest’occasione, come in molte altre, egli ha saputo
trovare proprio nel fallimento un nuovo stimolo per andare avanti e perseguire
l’obiettivo che si è posto. Così, dopo un anno di duro lavoro, viene inserito in prima squadra e diventa subito uno dei
migliori giocatori del campionato scolastico dello stato.
Da qui il percorso
è tutto in salita con alcune tappe significative come
la vittoria dell’oro alle Olimpiadi di Los Angeles, la rigenerazione di
una squadra considerata di basso profilo, i Chicago Bulls,
fino all’assunzione del soprannome “Air”, assegnato a Michael Jordan per la sua
grandiosa capacità di volare a canestro. Un percorso che ha anche conosciuto battute
d’arresto come l’infortunio del 1985 ed il calo di motivazione che
portò Michael Jordan al
temporaneo ritiro dal basket nel 1993.
In ogni caso Michael Jordan è stato fedele al
motto “I can’t accept
not trying” ed al proprio credo che
l’ha portato a diventare ciò che ha sempre voluto essere: un grande campione.
Ecco alcuni passi
di questo credo:
Passo dopo passo. Non vedo altro modo per ottenere qualcosa.
Il mio obiettivo finale è sempre stato
essere il migliore, ma ho fatto tutto passo dopo passo.
Ho sempre stabilito obiettivi a breve scadenza. Se mi guardo
indietro ciascuno di questi passi e successi conduce a quello successivo.
Ogni volta ho visualizzato dove volevo
andare, quale tipo di giocatore volevo diventare.
Sapevo esattamente dove volevo andare e mi
sono focalizzato sul raggiungimento di quella meta. E
quando avevo realizzato quegli obiettivi, me ne
ponevo altri.
Non mi preoccupa dover chiedere a qualcuno
ciò che non so. Non c’è nulla di male nel chiedere aiuto o la direzione
giusta.
La paura è un'illusione.
Non ho mai pensato alle conseguenze
derivanti dal mancato raggiungimento di una meta. Perché?
Perché quando pensi alle conseguenze, pensi sempre ad
un risultato negativo.
Se mi lancio in una situazione, penso di avere successo e non penso a cosa accadrà se fallisco.
Ho capito che se voglio ottenere qualcosa
nella vita devo essere aggressivo. Non credo che si
possa ottenere qualcosa con un atteggiamento passivo. So che la paura è un
ostacolo per alcune persone, ma per me è un’illusione.
Io penso che la
paura provenga da una mancanza di focus e di
concentrazione, soprattutto nello sport.
Se tutte le
volte che mi sono trovato sulla linea dei tiri liberi avessi pensato ai 10
milioni di persone che mi stavano guardando, non avrei potuto fare nulla.
Quindi cercavo di pensare di essere in un contesto a me familiare. Pensavo a tutte le volte che ho
realizzato dei tiri liberi e cercavo di riprodurre la stessa emozione e la
stessa tecnica che avevo utilizzato centinaia di
volte. Così sapevo che stavo facendo la cosa giusta.
Il talento fa vincere una partita, ma il
lavoro di squadra e l’intelligenza fanno vincere il campionato.
In ogni sport ci sono molte squadre che, pur
avendo i giocatori migliori, non hanno mai vinto un titolo. Nella maggior parte
dei casi questi giocatori non sono disposti a sacrificarsi per il bene della
squadra. La cosa strana è che alla fine è proprio questa incapacità
di sacrificio a rendere più difficile il raggiungimento dei propri
obiettivi personali.
Il modo migliore per conseguire i propri
obiettivi è pensare ed agire come un team.
"I can’t accept not trying" è l’ennesima conferma del fatto che nello
sport, come nella vita, non basta avere talento per essere un grande campione. È necessario avere
credenze di successo!
da Leader di te stesso Nr. 22 del 23 novembre 2005
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